Nel 1497 o 1498, mentre si trovava nel villaggio di Brudazzo, vide la scala di Giacobbe su per la quale una turba di giovani, coronate di diadema e con un giglio in mano, salivano al cielo accompagnate ciascuna da un angelo. Una di esse, nella quale Angela riconobbe un’amica morta di recente, la esortò a fondare una comunità di giovani come quelle che vedeva. La santa non prese una decisione definitiva, ma raddoppiò le preghiere e accentuò le austerità dormendo sopra un letto fatto di rami e coperto da una stuoia, portando il cilicio, disciplinandosi più volte il giorno e nutrendosi di pane e acqua.
La fondatrice dell’Ordine delle Orsoline nacque a Desenzano sul Garda, nella diocesi di Verona e sul territorio della Repubblica di Venezia il 21-3-1474.1 piissimi genitori, umili contadini, le diedero una solida educazione cristiana, ma non letteraria. Benché avesse appena imparato a leggere e a scrivere, fin dalla fanciullezza amava chiudersi in camera con la sorella maggiore per recitare a due cori i salmi dinanzi ad un altarino che vi avevano eretto.
Rimasta orfana dei genitori a quindici anni, Angela fu accolta con la sorella in casa di uno zio materno molto ricco, abitante a Salò. Entrambe approfittarono della libertà che concedeva loro per pregare anche di notte dopo aver preso un po’ di riposo sopra un letto formato da tavole. Amanti della solitudine, esse andarono un giorno in cerca di un eremitaggio, ma lo zio, che le aveva seguite, le ricondusse a casa sua. Per Angela la sorella costituiva l’unica consolazione della sua vita. Eppure Dio gliela tolse ben presto perché voleva che il suo cuore ricercasse e amasse soltanto Lui. Afflitta, ella desiderò conoscerne la sorte eterna. Il Signore permise che le apparisse per dirle: “Angela, persevera come hai cominciato; più tardi sarai associata alla mia felicità”.
Per raggiungere un più alto grado di perfezione la santa volle iscriversi al Terz’Ordine Francescano, fare voto di povertà, spogliarsi di tutto ciò che possedeva e vivere di elemosine. A vent’anni rimase orfana anche dello zio. Siccome l’ambiente in cui si trovava le sembrava troppo pagano, volle ritornarsene a Desenzano presso i fratelli. Fu allora che il cielo cominciò a illuminarla sulla sua futura vocazione. Nel 1497 o 1498, mentre si trovava nel villaggio di Brudazzo, vide la scala di Giacobbe su per la quale una turba di giovani, coronate di diadema e con un giglio in mano, salivano al cielo accompagnate ciascuna da un angelo. Una di esse, nella quale Angela riconobbe un’amica morta di recente, la esortò a fondare una comunità di giovani come quelle che vedeva.
La santa non prese una decisione definitiva, ma raddoppiò le preghiere e accentuò le austerità dormendo sopra un letto fatto di rami e coperto da una stuoia, portando il cilicio, disciplinandosi più volte il giorno e nutrendosi di pane e acqua. Fu vista penetrare nella casa del povero e nell’officina dell’operaio per istruirli nella verità della fede. I suoi contemporanei dicono che operò delle conversioni con il solo motto: Dio è qui! Lo stesso apostolato svolse a Brescia dove si stabilì nel 1516, ospite della benestante vedova Caterina Patengola, la quale l’aveva invitata a restare con lei per consolarla della perdita in guerra dei propri figli.
Angela cominciò a radunare con la signora Caterina bambini e ragazze povere per catechizzarle e istruirle nel lavoro e nella cura degli infermi. Si adoperò pure molto efficacemente a porre termine a inimicizie mortali e inveterate.
Nel 1522 visitò a Mantova la tomba della B. Osanna Andreasi, Terziaria Domenicana, morta in estasi (+1505), e si fermò alla corte dei Gonzaga. Il suo influsso si estese fino a Milano. Doveva essere già in fama di grande virtù se Francesco II Sforza la chiamava sua “madre spirituale” e desiderava averla nel suo stato.
Nel 1524 la Merici partì da Venezia alla volta della Terra Santa per accompagnare un suo parente, ma in un porto dell’isola di Creta perdette misteriosamente la vista, che riacquistò al ritorno pregando davanti a un miracoloso crocifisso di La Canea. A Venezia avrebbero voluto trattenerla come assistente nell’ospedale degl’Incurabili. Ritornò invece a Brescia da dove l’anno seguente partì, per Roma allo scopo di lucrare l’indulgenza del Giubileo. In quella occasione s’incontrò con papa Clemente VII che avrebbe voluto trattenerla nello Stato della Chiesa perché continuasse in esso le sue buone opere. Non consta, difatti, che alcun altra donna, prima di lei si sia occupata dell’educazione della gioventù femminile. La santa preferì ritornare a Broscia dove la sua attività fu interrotta, in gran parte, a motivo delle guerre che desolavano allora l’Italia in conseguenza dei contrasti scoppiati tra il papa e l’imperatore Carlo V. Nell’autunno del 1529 Angela dovette persino ritirarsi a Cremona per fuggire gli eccessi della soldataglia in marcia contro Bologna. Per abbreviare le sofferenze alle popolazioni tanto provate, volle placare l’ira di Dio raddoppiando i digiuni e le penitenze. Cadde gravemente ammalata, ma guarì contro ogni speranza e, dopo un pellegrinaggio al Sacro Monte di Varallo (Novara) fondato dal B. Bernardino Calmi O.F.M., predisse che la pace avrebbe posto fine presto ai mali d’Italia.
Grande fu l’influsso che la Merici esercitò sulla gioventù. Tante fanciulle e donne del popolo avrebbero desiderato vivere in vita comune con lei, ma fin allora ella aveva preferito lasciarle nel mondo affinchè visitassero i malati, istruissero gli ignoranti e soccorressero i poveri. Dopo la visione di Brudazzo gli appelli divini alla fondazione di una famiglia religiosa le furono più volte rinnovati. Conclusa la pace tra l’imperatore e il papa (1529), ella ritornò a Broscia presso la chiesa di San Barnaba e, in seguito all’ordine formale del suo confessore, il canonico regolare Serafino da Bologna, riunì dodici giovani con le quali prese a vivere, se non proprio in comune, almeno in quotidiane relazioni, dividendo il tempo tra gli esercizi di devozione e le opere di misericordia corporale e spirituale. Due anni dopo il Signore la rimproverò, in una rivelazione, della lentezza con cui procedeva nella costituzione della famiglia religiosa.
A partire da quel momento la Merici ebbe frequenti visioni in cui Sant’Orsola, uccisa forse dagli Unni presso Colonia (453), le raccomandava l’apostolato in comune, il che la determinò a dare alle sue seguaci il nome di Orsoline.
Da un appartamento dipendente dalla collegiata di Sant’Afra, ella aveva trasferito la sua residenza in una casa che una pia vedova lo aveva imprestato sulla piazza della cattedrale. Il 25-11-1535 la piccola comunità, alla quale si erano aggiunte quindici postulanti, si sparse per la città allo scopo di consacrarsi alle opere caritative e arginare così il protestantesimo che in Germania, per opera di Martin Lutero (+1546), seminava la divisione tra i cristiani. La grande innovazione di S. Angela Merici, rinnovata in seguito da altre fondatrici, e che i Teatini realizzavano in quel tempo per gli uomini, consistette nel creare un regime monastico fuori dalla clausura e con un minimo di vita comune, al servizio e in costante contatto con il prossimo. Le sue compagne rimanevano presso i parenti, si riunivano in giorni determinati per pregare in comune e concordare la loro attività a favore delle fanciulle insidiate o delle orfane abbandonato.
Ella non impose loro né voti, né abito. Fece redigere una regola molto semplice in 12 capitoli dal suo confessore Gabriele Cozzano, e la sottomise al giudizio del cardinale Cornaro, vescovo di Verona, che l’approvò 1’8-8-1536 per mezzo del Vicario generale.
Verso lo stesso tempo la Merici collocò il suo Istituto sotto la protezione di otto dame di nobile lignaggio che dovevano essere le sue protettrici e le regolatrici della sua azione esterna. L’8-3-1537 ella riunì le compagne in capitolo per fare loro approvare lo statuto. All’unanimità la elessero superiora per tre anni, ma il vescovo di Broscia richiese che rimanesse a vita a capo della Compagnia delle Dimesse di S. Orsola, composta di giovani appartenenti ad ogni ceto sociale. In seguito alle insistenze delle otto governanti, la santa sollecitò l’approvazione del Papa, che giunse soltanto quattro anni dopo la sua morte.
Nel gennaio 1540 la Menci cadde ammalata. Sentendosi vicina alla fine dettò al suo confessore, Gabriele Cozzano i Ricordi delle Avvisatrici e il Testamento Spirituale, che insieme con i primi lineamenti della Regola, costituiscono l’eredità spirituale della fondatrice. Morì il 27-1-1540 lasciando 159 continuatrici della sua opera. Fu sepolta nella collegiata di Sant’Afra e la sua tomba divenne presto meta di pellegrinaggi. Clemente XIII ne approvò il culto il 30-4-1767 e Pio VII la canonizzò il 24-5-1807.
S. Carlo Borromeo nel 1566 chiamò a Milano alcune Orsoline di Brescia, e le stabilì in comunità con l’approvazione di Gregorio XIII nel 1582. Sotto questa seconda forma furono istituite nel 1596 in Francia, presso Avignone. Nel 1608 sorse la casa di Parigi, dove nel 1612 l’istituto prese forma e titolo di ordine monastico. Questa terza forma fu presto adottata da tutte le case di Francia e da quello che vennero fondate in Italia e nel nuovo Mondo.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 335-339.
http://www.edizionisegno.it/