Molteplici i punti di preoccupazione di Giovanni Paolo II il grande rispetto alla Chiesa che è in Germania: la formazione nei seminari; il dibattito che tende a mettere in discussione la famiglia; la predicazione in materia di morale familiare; gli abusi nell’ecumenismo.
Giovanni Paolo II: Lettera ai Cardinali tedeschi (22 febbraio 2001)
Pubblichiamo la lettera inviata ai cardinali tedeschi in occasione del passato Concistoro, il 22 febbraio scorso, e diffusa tra i vescovi nel corso dell’assemblea primaverile della Conferenza Episcopale svoltasi la seconda settimana di marzo. Questo documento, inizialmente destinato a rimanere privato, è pervenuto a vari media e quindi diffuso; la presente traduzione è dell’agenzia Adista.
Caro stimato fratello!
1. La nomina di quattro nuovi eminenti ecclesiastici tedeschi nel collegio cardinalizio ha fatto dei porporati tedeschi all’interno del collegio cardinalizio un cospicuo gruppo. Certamente avrà compreso cosa mi ha mosso a queste nomine: ho voluto anche in questo modo esprimere la mia gratitudine e il mio riconoscimento per i meriti che sono da attribuire ad ognuno dei nuovi cardinali. Al tempo stesso ho voluto mostrare il fervido apprezzamento che nutro verso tutta la Chiesa che vive e opera nel Suo Paese. Conosco l’instancabile impegno con cui Lei, stimato fratello, si dedica in questo tempo difficile giorno per giorno ai compiti pastorali che Le sono affidati. Sono certo che l’elevazione alla dignità cardinalizia costituisce per Lei un ulteriore impulso ad impegnarsi generosamente nella testimonianza di Cristo e del suo Vangelo. Al tempo stesso riconosco che la Chiesa in Germania, quanto ad opere, è caratterizzata da dinamismo e provvede in maniera veramente lodevole ai fratelli e alle sorelle in difficoltà. Abbiamo da poco concluso il Grande Giubileo, nel quale la Chiesa ha nuovamente sperimentato che il Risorto è vivo e presente in essa. “Ora si tratta di dare ascolto alla Grazia ricevuta e di convertirla in appassionati propositi e azioni concrete” (Novo millennio ineunte, 3). Proprio in questo orizzonte, signor cardinale, desidero presentarLe alcuni pensieri che in questi mesi sono in me maturati. I problemi che i credenti in Germania devono affrontare sono essenzialmente quelli che si incontrano anche negli altri Paesi europei. E tuttavia ci sono anche particolarità locali che rendono necessario che i pastori, sia nel sapere che nell’agire, mirino al medesimo scopo, per prendere in tempo ed efficacemente i provvedimenti pastorali opportuni.
2. Con gratitudine osservo che la Chiesa nel Suo Paese possiede una solida struttura organizzativa ed è presente nella vita pubblica attraverso una molteplicità di istituzioni. Al tempo stesso, però, non è da perdere di vista il fatto che sempre più persone si ritirino da un’attiva vita di fede o accettino solo parti del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa. Il progressivo processo di secolarizzazione e la perdita di fede, ad esso collegata, rischia di minare la Chiesa dall’interno, così che essa all’esterno appare forte, ma all’interno diviene sempre più debole e perde di credibilità. Perciò vorrei pregarLa di impegnare le sue molteplici doti in prima linea affinché la fede cattolica sia annunciata con nuovo slancio in tutta la sua pienezza e bellezza. Una particolare attenzione si deve rivolgere pertanto ai luoghi di formazione teologica e ai seminari. Coloro che svolgono il servizio di insegnamento e guida nel nome della Chiesa, devono essere saldamente ancorati alla fede della Chiesa, per non cedere allo spirito di questo tempo o alla rassegnazione. “Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede” (1Gv 5,4). L’insegnamento nelle Facoltà Teologiche non può essere rimesso al libero discernimento, deve bensí essere contrassegnato dal principio “fides quaerens intellectum”, venire dalla fede e portare alla fede. La catechesi deve portare la Chiesa a tutti i livelli alla fede. Il Catechismo della Chiesa Cattolica e il Catechismo della Vostra Conferenza episcopale offrono le basi affidabili per questo compito. In questo contesto mi sembra importante che i vescovi vengano incoraggiati a prendere pienamente in considerazione la loro responsabilità personale nei confronti della dottrina cattolica, anche e soprattutto nell’ambito di difficili questioni, nelle quali si deve conservare la comunione con il successore di Pietro e il legame con la Chiesa universale.
3. Grandi preoccupazioni mi procurano diversi sviluppi nell’ambito del matrimonio e della famiglia. Anche nel Suo Paese la concezione del matrimonio come legame di vita e di amore tra un uomo e una donna, che è finalizzato al bene della coppia così come alla procreazione e all’educazione dei figli, viene messa in discussione da parte di molte persone e anche da parte del legislatore. La decadenza di valori umani e cristiani che ne risulta è incalcolabile. La fedeltà a Cristo ci obbliga a richiamare l’attenzione dei credenti sulle tragiche conseguenze di queste evoluzioni e ad indicare loro un’altra strada. Pertanto La prego di dare, insieme con gli altri vescovi, chiari orientamenti, affinché molti credenti portino a compimento il piano del Creatore sulla famiglia e il matrimonio, educhino bambini e giovani nella fede e si mantengano fedeli ai principi morali, che sono esposti nell’enciclica Humanae vitae, nell’Esortazione post-sinodale Familiaris consortio e nel documento della Congregazione per la fede sulla amministrazione dell’eucaristia ai credenti divorziati e risposati. Il futuro della fede e della società dipende essenzialmente dal futuro della famiglia. Il Suo Paese anche in tale questione ha un’essenziale responsabilità nei confronti di molti altri Stati europei e non europei.
4. Un tema con il quale Lei in Germania si confronta continuamente è quello ecumenico nelle sue molteplici sfaccettature. Il cammino dell’ecumenismo, che il Concilio Vaticano II ha aperto, è ormai irrinunciabile. Esso è un compito che il Signore ci ha assegnato. Dobbiamo quindi fare tutto il possibile per promuovere l’unità dei cristiani nella verità e nell’amore. Sono certo che Lei si impegnerà a non lasciar arenare gli sforzi tenaci verso l’unità. Al tempo stesso, però, mi sta a cuore che in alcuni Paesi, e anche nella Sua patria, questi sforzi ricevano un migliore orientamento. In alcune comunità, infatti, ci sono confusione e abusi – penso ad esempio alla comunione interconfessionale, non raramente praticata – i quali nuocciono molto al desiderio della vera unità. Un ecumenismo che lasciasse più o meno da parte la questione della verità potrebbe portare a successi solo apparenti. La Dichiarazione Dominus Iesus ha riportato alla memoria dei credenti essenziali verità cristologiche e ecclesiologiche, che appartengono in modo irrinunciabile all’identità cattolica. Io confido che Lei saprà promuovere e guidare il dialogo ecumenico in osservanza ai Suoi compiti sulla base del solido fondamento di questa Dichiarazione.
5. Infine desidero toccare ancora una questione, che è di notevole importanza nella guida spirituale locale. Mi riferisco alla così importante collaborazione di preti e laici nel servizio pastorale. In molte parrocchie e comunità ecclesiali questa collaborazione si è conservata e si è dimostrata fruttuosa. Solo insieme possiamo far fronte alle enormi sfide del presente. Purtroppo, però, risulta da informazioni affidabili che, nonostante i numerosi chiarimenti da parte del magistero, continuano a darsi casi nella liturgia, nella predicazione, nella catechesi e nella guida delle comunità, che non concordano con le disposizioni disciplinari e dottrinali della Chiesa. Anche se questi modi di agire sembrano al momento utili e possono contare su una considerevole plausibilità nella coscienza media, in una più ampia prospettiva essi nuocciono proprio alla Chiesa locale, perché sono in contrapposizione con l’intima essenza della Chiesa. Per questo Le raccomando vivamente di aiutare coloro che sono attivi nella pastorale a comprendere meglio le istruzioni relative ad alcune questioni riguardanti la collaborazione dei laici al servizio sacerdotale e ad applicarle nella pratica. Si tratta qui in ultima istanza della questione dell’identità dei preti e dei laici, che è per la Chiesa di importanza vitale. A questa richiesta unisco anche la speranza che vengano intraprese nuove iniziative nella pastorale vocazionale. Il tanto desiderato rinnovamento della Chiesa non è possibile senza il rinnovamento del sacerdozio e della vita consacrata.
6. Queste, caro e stimato fratello, sono le riflessioni di cui volevo renderLa partecipe in questo momento così significativo per la vita della Chiesa nel Suo Paese. Io so del generoso impegno con cui Lei compie il Suo servizio e conosco anche i profondi sentimenti di comunione con la Santa Sede che caratterizzano la Sua azione pastorale. Perciò sono certo che Lei prenderà a cuore le preoccupazioni di cui L’ho portata a conoscenza in questo mio scritto. L’invito che Cristo rivolse un giorno a Pietro e ai suoi compagni sulle rive del lago di Genezaret, lo ripete anche a noi oggi: Duc in altum! Prendi il largo! (Lc 5,4). All’inizio di un nuovo millennio la Chiesa avverte vivamente il suo dovere di “mettersi in cammino con Cristo”, per annunciare al mondo il suo messaggio di salvezza (cfr. Novo millennio ineunte, 29 sgg.). Da questo punto di vista si fa più fortemente pressante al nostro cuore la richiesta del maestro divino: “che tutti siano una sola cosa: come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21).
Le assicuro di portare davanti al Signore, nella preghiera quotidiana, le gioie e le preoccupazioni che occupano Lei personalmente e la Chiesa in Germania e Le impartisco di cuore la benedizione apostolica.
Vaticano, 22 febbraio 2001,
festa di San Pietro in Cattedra
Giovanni Paolo II
[Tratto da: http://www.totustuus.net/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=48&view=next ]