EDUCARE IL SENSO RELIGIOSO.

*Ogni mamma cristiana, già molto prima della nascita, si preoccupa dell?anima del suo bambino. In quel periodo in cui è una cosa sola con il piccolo essere che porta in sé, la madre può esercitare un?azione invisibile sull?anima del suo tesoro, mediante lo spirito di preghiera e d?offerta, accumulando su di lui le benedizioni divine.

* Ogni mamma cristiana, già molto prima della nascita, si preoccupa dell’anima del suo bambino. In quel periodo in cui è una cosa sola con il piccolo essere che porta in sé, la madre può esercitare un’azione invisibile sull’anima del suo tesoro, mediante lo spirito di preghiera e d’offerta, accumulando su di lui le benedizioni divine.

* Le mamme e i papà cristiani consacrano subito il neonato al Signore che lo ha dato, o meglio, affidato loro. Cosa sarà in seguito questo fanciullo? Non è destinato forse a diventare un eletto? E la missione più importante dei suoi genitori non è quella di aiutarlo a realizzare la sua vocazione soprannaturale di figlio o di figlia di Dio?

*Si battezzi il fanciullo più presto possibile. Le preoccupazioni per le feste familiari non minimizzino nel vostro pensiero la grandezza del primo sacramento che dovrà ricevere il neonato. Pensate che nel momento in cui l’acqua bagna la sua fronte e vengono pronunciate le parole sacramentali, il vostro bimbo diventa tabernacolo vivente della SS.ma Trinità. Inoltre forze soprannaturali — il germe delle virtù teologali — vengono misteriosamente deposte nella sua anima.

* Appartiene ai genitori l’onore e la gioia della prima educazione religiosa dei loro figli. Bisogna però tutto prevedere: padrino e madrina hanno dalla Chiesa la missione di supplemento e complemento ed occorre tenere ben presente questo principio nella loro scelta.

* II fanciullo, che capisce più presto di quanto non si pensi, può subire fin dai primi mesi la felice influenza  della mamma, in preghiera accanto alla sua culla. Imiterà spontaneamente i gesti, imparerà a poco a poco a giungere le mani e ad inviare un bacio all’immagine di Gesù e di Maria. Insieme a quelli di papa e di mamma, questi saranno i primi nomi che imparerà a balbettare.

* Da quando il piccolo incomincia a parlare, la mamma gli può fare ripetere nel suo linguaggio balbettante qualche breve invocazione. D’altra parte per poco che mamma lo aiuti, imparerà molto presto a parlare spontaneamente con Dio.

* II concetto che i figli avranno della preghiera, nella vita futura, dipende in massima parte dal come i genitori insegnano loro a pregare. Se la preghiera è fatta senza gusto ne slancio, in un clima di noia, i bimbi, divenuti adulti, assoceranno ad ogni atto religioso l’idea di un peso insopportabile.

* L’ideale è che la preghiera diventi per il fanciullo come un bisogno e insieme una gioia. In alcuni momenti potrà richiedergli uno sforzo: per esempio, quando la sera ha piacere di dormire; dovrà però essere uno sforzo accettato sempre con generosità.

* II fanciullo, appena ha compreso e gustato la preghiera personale, diventa capace di una vera unione con Dio sì da conversare con Lui.

* Sviluppare lo spirito di fede nel fanciullo significa abituarlo a vedere Dio e a tenerne conto in tutte le manifestazioni della vita. La mamma deve impregnarne le giornate con la presenza divina. Bisogna assolutamente evitare di relegare i contatti con Dio all’inizio e al termine del giorno; bensì approfittare di ogni circostanza e disposizione dei vostri bambini per innalzarne a Dio l’anima, perché Lui, il Creatore, che li vede continuamente e teneramente li ama, senta l’amore del loro cuoricino.

* È bene non abusare dell’espressione ” piccolo Gesù “. Certamente il Signore lo è stato: ma non lo è più. Se ama essere tenero coi piccoli, non è tuttavia il lezioso personaggio dai riccioli biondi e dalla camicetta rosa che hanno diffuso gli spacciatori di immagini ” melate “. E’ e rimane il Signore.

* Da una parte bisogna guardarsi dal trattare Dio come un piccolo compagno, cosa che prestissimo porterebbe alla mancanza di rispetto e all’abolizione del senso del divino; non bisogna d’altra parte mai presentare Dio come un Essere assai lontano, inaccessibile, con gli occhi puntati sulla debolezza umana, sempre pronto a spiarne le mancanze piccole e grandi. Sarebbe una caricatura, un vero tradimento. Quanto male si può causare con quelle frasi che assomigliano Dio a un orco o a un castigamatti: ” Hai disubbidito, sei caduto, ti sei fatto male. Bene, Dio ti ha punito! “.

* Né tanto meno presentare il Signore come un ricco mercante col quale si negozia un affare importante. E necessario qui ribattere a lungo la criminale asserzione di certi genitori incoscienti, che vogliono aspettare che i figli raggiungano i 21 anni per lasciar loro scegliere liberamente la religione: quasi che si attendessero i 21 anni per dargli una patria e un nome! Come se — cosa questa assai importante — a ventun anni un uomo non sia moralmente già orientato. Perché privare questo fanciullo di tutte le ricchezze che gli arrecherebbe una fede chiara nella vita? Perché privare Dio dell’amore di questo fanciullo? Ciò che interessa non è forse aiutare il fanciullo a formarsi delle convinzioni e acquistare una pietà personale conforme a quello che è il piano divino?

 * Alcuni basandosi sulla ” libertà di coscienza ” vorrebbero che i genitori stessero muti dinanzi ai tentennamenti dell’istinto religioso. ” Quando sarà più grande sceglierà da sé “, a parte il fatto che il fanciullo non attenderà quell’età per scegliere, e sceglierà arbitrariamente, secondo il suo latente egoismo e il mimetismo volontario, un simile ragionamento non regge: perché, difatti, anche nell’età adulta, si può parlare veramente di una scelta? Si sceglie forse di nutrirsi di pesci o di elementi sani? La natura ha già scelto. Bisogna invece parlare di ” impegno ragionato “: in questo senso, libertà di coscienza o libertà religiosa per l’adulto significa: possibilità lasciata alla ragione, padrona di se stessa, di esaminare la sorgente della sua fede senza tuttavia dubitarne. Infatti, la fede del fanciullo con l’età si disincaglierà dalla fede dei genitori in cui aveva poggiato la sua esistenza, per trovare le ragioni che lo convincano a credere, nella riflessione personale, nell’esperienza e nello studio: come il frutto che, liberandosi progressivamente dell’involucro, mostra la sua polpa gustosa. L’umanità sarebbe ben indietro se dovesse riesaminare tutto a ogni generazione. Allora bisognerebbe negare l’unità, la continuità e l’universalità della coscienza umana.

* Spiegare al fanciullo appena può comprenderle, le principali preghiere della Chiesa: il ” Padre Nostro ” e l’” Ave Maria “, chiarendogliene il senso. Si stia attenti a che vengano recitate correttamente, senza borbottii. Vigiliamo ancora sul senso del sacro e facciamo pregare anche ” bene “: bei segni di croce, genuflessioni ben fatte, preghiera ben detta, con tutto il cuore.

* Non considerare mai la preghiera come esercizio di recita. Grave errore, per esempio, approfittare della visita di una persona amica per far ripetere al bimbo le preghiere come una fiaba: ” Fa’ vedere alla signora come sai pregare “. Queste forme hanno valore soltanto se sono l’espressione di un sentimento intimo, e per aiutare questa espressione nulla è indifferente o secondario.

* Non limitare la preghiera alle formule comuni. Via via che il fanciullo cresce, incoraggiare anche la preghiera silenziosa, nel segreto dell’anima con Dio.

* Conviene dirigere il bimbo ad una grande confidenza nella Vergine Santa, che ci ha dato Gesù e che ci conduce a Lui.

* Instillare nel fanciullo anche una devozione pratica all’Angelo Custode, la cui protezione è tanto più efficace quanto più spesso è invocato ( e Dio sa se i nostri bambini ne hanno bisogno!).

* Al fanciullo piacciono le storie. Non conviene quindi che, il più presto possibile, la mamma gli racconti le migliori? La vita di Gesù non è forse la più commovente? Se si vuole però trarne massimo frutto per l’educazione, insensibilmente bisogna aiutare il fanciullo a esprimere la sua emozione in una preghiera, in una regola di condotta, in un proposito.

* Coi fanciulli non si è mai sufficientemente cauti. Giacché v’è chi non sa esporre loro tutta la vita di Gesù, compresa la risurrezione, vi sono di quelli che si fermano all’adolescenza o alla croce. Per i primi Gesù è un bimbo come loro che mai è diventato grande; per i secondi è un Dio morto.

* Racconta un’educatrice: mio fratello, a quattro anni, mostrava molto interesse al significato del crocifisso. Un giorno in cui era più capriccioso del solito la governante gli disse: ” Giampietro, se non stai buono, Gesù piangerà! “. Il fratellino la guardò, sbalordito, e le fece le spallucce: ” Non può piangere perché è morto! “.

* II mistero della morte è un punto molto utile per formare lo spirito religioso del fanciullo: vi sono fin troppe occasioni per spiegarglielo. Invece di presentare la morte come fatale baratro nero in cui la vita umana cadrà, non è meglio, seguendo l’esempio della Chiesa, presentarla non come fine, ma come principio: la nascita a vita nuova, meravigliosamente bella, buona, gioiosa ed eterna? L’arcano della tomba non deve affatto atterrire, che non è che un involucro materiale che l’anima, sempre viva, respinge, come la farfalla si libera dalla crisalide da cui nacque per slanciarsi nell’azzurro primaverile del cielo; e poi solo i cattivi devono temere l’al di là, i buoni non possono che
desiderarlo.

* La bella rivista L’Anneau d’Or  propose ai lettori questa domanda: ” Come aiutare i fanciulli a capire la morte? “. Attraverso le risposte ricaviamo due esperienze. A proposito del fanciullo di fronte alla morte ecco l’esperienza della mia infanzia riguardo al fatto della vita dei morti. Si ritarda indefinitamente col pretesto di non impressionare il fanciullo e questo, secondo me, è un errore: il colpo sarà assai più forte allorché il primo morto sarà un essere a lui caro. Eravamo ancora bambini di 6 o 7 anni, e la mamma ci conduceva a visitare qualche suo conoscente defunto, che noi del resto avevamo appena sentito nominare. Ci preparava con molta naturalezza: ” II signor X è morto. La sua anima è col buon Dio o forse in purgatorio. Andiamo a suffragarlo e a pregare anche per la sua famiglia che soffre “. Si guardava dall’aggiungere: ” Non avrai paura, no? ” o altri suggerimenti inopportuni. Così noi siamo stati abituati molto presto a guardare senza il minimo sforzo dei morti sconosciuti. Al ritorno la mamma aveva tempo d’intrattenerci con molta semplicità sulla vita e la morte di qualcuno. Parlandoci poi di colui che avevamo visto poco prima, raccontava come era vissuto e come si era preparato a morire.
Noi le facevamo domande bambinesche cui ella rispondeva tranquillamente. Più tardi, quando il buon Dio chiamò a sé la nonna, poi una sorella e un fratello carissimi, il nostro dolore, sebbene fosse immenso, non si rivestì di quelle forme acute e complicate di certi adulti. Monica, di sette anni, deve operarsi di appendicite: vorrei che, nel caso morisse, accettasse la morte. Le dico:
– Che ne diresti, Monica, se morissi sotto l’operazione?
– Mah! essendo addormentata (dall’anestesia), non penserei a nulla! Piuttosto, se morissi all’inizio, l’operazione verrebbe terminata?
– No: non ne varrebbe la pena
-Oh! sarebbe tanto brutto.
-Su, non tormentarti! Ma dimmi, che ne penseresti di morire?
La figura di Monica improvvisamente si illumina, dà realtà alle cose.
– Mamma! ma se morissi, sarei felicissima: andrei in cielo! Con quanta gioia e con che slancio dice questo! Poi colpita da umiltà convinta, inimitabile, che fa pensare alle parole: ” Se non diventerete simili a questi piccoli… “, aggiunge subito timidamente:
– Però… se Dio non trova in me molti peccati! —
Poi, ritrovando subito la primitiva sicurezza aggiunge:
– Andrei sicuro in paradiso se morissi durante l’operazione, perché non sarebbe per colpa mia. Se il buon Dio m’ha fatta nascere, così mi prenderà con sé.
E dopo un po’, perché ciò avviene mentre si prepara il desinare:
– Certo, mi piacerebbe, mamma, andare in paradiso; preferirei però restare ancora un po’ con tè… Sarà però ciò che Dio vorrà. E finisce di preparare.

* Una volta o l’altra bisognerà ben parlare del demonio che è una triste realtà. Ma attenti: non drammatizziamo. Diffidiamo delle immagini medioevali o delle rappresentazioni spaventose dei diavoli con le corna, i piedi caprini, la coda ardente. Certamente: l’inferno eterno è una verità; nostro Signore l’ha affermato decisamente nel Vangelo. Evitiamo però i particolari che non hanno fondamento e servono soltanto a impressionare l’immaginazione, così da creare in alcuni vere fobie che si cambieranno in scrupoli all’età della pubertà. Soprattutto, evitiamo di minacciare l’inferno ai nostri fanciulli per peccati leggeri. Presentiamo la religione nella sua vera luce: una calda vita d’unione con Dio che ci ama e chiama ad una meravigliosa opera d’amore, avendo ciascuno il suo insostituibile compito per quel servizio che Egli solo può stabilire nel grande insieme, di cui si vedrà tutta l’armonia nell’eternità.

* Non bisogna esitare a dare al fanciullo, ormai cresciuto, il senso della comunità cristiana di cui fa parte. Narrargli la storia degli apostoli, dei martiri e dei santi; anche le belle storie delle missioni . Parlargli del Sommo Pontefice, del Vescovo, ispirandogli con l’esempio e con la parola un grande rispetto ai sacerdoti e al loro sacro ministero.

* Mostriamo con fatti ed esempi come la fede cristiana sia un perfezionamento per l’essere umano: grandi uomini, sapienti, eroi, erano cristiani. Ispirare al fanciullo la nerezza del suo titolo di battezzato, senza disprezzo per quelli che non lo sono ancora. Insegnargli invece che, attraverso la preghiera, il sacrificio e l’offerta delle piccole azioni, può esercitare una grande influenza sul mondo intero: ” Signore, che tutto il mondo ti ami! ”

* Spiegare al fanciullo come non bisogna stupirsi se si scoprono ombre, contraddizioni e ore difficili nella storia della Chiesa: sovente la barca di Pietro è assalita dalla tempesta nel mare. D’altra parte persecuzioni e abbandoni sono stati predetti. Ma Cristo è l’eterno vincitore. Egli dirà l’ultima parola.

* Dare inoltre al fanciullo una fede personale più ardente e salda che sia possibile, un buon bagaglio di risposte apologetiche a portata di mano  che gli permetteranno di non essere mai messo nel sacco; perché un fanciullo che non sa rispondere ad una obiezione rischia di cadere in un complesso d’inferiorità che, secondo i temperamenti, può avere ripercussioni sul sentimento del valore della religione. Suggerirgli che faccia metter per iscritto l’obiezione quando non può rispondere, onde possa chiedere spiegazioni a qualcuno più competente.

* Preferire i racconti come quello riferentesi a S. Teresina di G.B. che ottenne la conversione del condannato Pranzini in punto di morte. Imparerà a conoscere la grande efficacia della preghiera.

* Ecco ad esempio la risposta di un giovane apprendista a un vecchio che lo importunava:
– Come, tu vai ancora dal Parroco?
– Sicuro e per tre ragioni: prima perché mi garba; seconda perché riguarda me; terza perché non vi interessa! La risposta non è forse molto ” scientifica ” ma è servita almeno a chiudere la bocca all’interlocutore.

* Forse i vostri fanciulli non sono ancora in condizione di sottomettersi alle prescrizioni dei ” doveri cristiani “; per l’età non sono tenuti all’astinenza, alla messa domenicale, alla comunione pasquale; darete loro però le basi fondamentali d’una religione inferiore, senza di cui l’esteriore non conta: la loro anima, in fondo, viene così conquistata dal Cristo; in seguito, secondo il loro progresso, dovranno soltanto sviluppare la religione con l’esercizio esterno, senza quella dolorosa piega — conservata da molti cristiani — che separa la vita personale da un cristianesimo fatto solo di ricordi.

* A quale età bisogna cominciare a condurre i fanciulli a Messa? Ciò dipende da ciascun fanciullo e da circostanze esterne. Bisogna evitare che il fanciullo si annoi così da disgustarsene. Non dimentichiamolo: una presenza prolungata immobile e silenziosa è contro la sua natura. Ma se i genitori gli hanno spiegato in modo conveniente il senso della Messa, i gesti del sacerdote, le varie parti del Santo Sacrificio; se guidano la sua preghiera, gli atteggiamenti, le intenzioni, anche il fanciullo di sette anni, o anche meno, può assistervi con frutto.

*Un momento delicato è quello della predica. Confessiamo che le prediche comprensibili dai fanciulli sono rare. Un fanciullo prima della pubertà non è in grado di seguire, in modo anche generico, il concatenamento delle idee di un discorso. Che fare quindi in questo tempo? La cosa più semplice, se non può uscire e prendere parte a una riunione speciale per fanciulli, come si fa in molte parrocchie, è di dargli una raccolta di immagini religiose che possano occupare spirito e cuore.

* La prima confessione è un avvenimento importante nella vita di un fanciullo. Ci si guardi dal presentarla come uno spauracchio. Nulla di più nocivo che il ripetergli frasi simili: ” Vedrai cosa ti farà il signor Parroco quando ti confesserai! “. Bisogna incoraggiare i fanciulli insistendo sulla gioia di ricevere il perdono di Dio.

* La mamma, in questa circostanza, deve agire con somma discrezione: aiuti il bambino a preparare il suo primo esame di coscienza, non sveli però al confessore i peccati e i difetti del suo bambino prima della confessione ” onde assicurarsi che dica tutto “. Si lasci compiere al confessore la sua missione. Egli ha le grazie di stato a questo scopo.

* II confessore è tenuto al segreto sia per i piccoli che per i grandi, non gli si domandi quindi: ” Cosa ha detto il mio bimbo? “.

* La mamma stessa dovrà essere così rispettosa della coscienza del bimbo da non domandargli: ” Che ti ha detto il Curato? Quale penitenza ti ha imposto? “. Si richiede molta riservatezza. I fanciulli, temendo un qualche accordo tra confessore e genitori, molto presto perderebbero ogni confidenza sia con questi che con quello.

* È opportuno invece un accordo col sacerdote per quanto riguarda la prima Comunione. Normalmente il fanciullo che ha sufficiente comprensione della Presenza reale dovrebbe potersi comunicare. Va bene certamente incoraggiare il bimbo a comunicarsi; la cosa principale però è che ami Gesù nell’Ostia e che vada volentieri alla Sacra Mensa. Non si proibisca mai la Comunione con la scusa che non è stato buono: la Comunione è un rimedio, non una ricompensa.

* Per curare la formazione religiosa del bimbo ci si faccia aiutare da associazioni adatte, come la ” Formazione cristiana dei piccoli ” o la ” Crociata eucaristica “. Il fanciullo vi troverà, oltre che la grazia particolare propria a questi movimenti approvati dalla Chiesa, anche la forza d’una comunità cristiana adatta per sé.