S. Scolastica – stando almeno alla tradizione risalente forse a S. Gregorio il Grande (+604) – fu la sorella gemella di S. Benedetto. Gli unici dati biografici attendibili li desumiamo dai Dialoghi di papa Gregorio, opera scritta non con intenti storici, ma a scopo di edificazione e tuttavia molto attendibili nelle linee fondamentali. Quando Zotone, duca longobardo di Benevento, distrusse il monastero benedettino (589), i monaci trovarono rifugio a Roma presso il Laterano, e Gregorio ebbe modo di conoscere dalla loro viva voce quanto ci ha tramandato. Per tutto il corso della vita di Benedetto, egli ci fa ricomparire dinanzi Scolastica solo tre giorni prima della morte di lei. Non è improbabile che la Santa lo avesse già seguito a Subiaco per restare nel raggio della sua influenza spirituale.
S. Scolastica – stando almeno alla tradizione risalente forse a S. Gregorio il Grande (+604) – fu la sorella gemella di S. Benedetto. Essi nacquero verso il 480 a Norcia (Perugia), sui confini tra l’Umbria e la Sabina, da Abbondanza ed Eutropio, ricchi di beni e discendenti da ragguardevole famiglia patrizia romana. Contrariamente all’antico uso, specialmente fra i ricchi, di differire il battesimo a tarda età, Benedetto e Scolastica furono rigenerati alla grazia fin dai loro primi anni. Essi crebbero quindi nell’amor di Dio sotto lo sguardo dei pii genitori, e dopo che ricevettero le prime nozioni di grammatica, Benedetto fu mandato a Roma a compiere il corso letterario sotto la guida di un retore, Scolastica fu consacrata a Dio.
E’ probabile che essa sia stata accolta tra le sacre vergini della Città Eterna, ovvero di Norcia, giacché la regola voleva che la velazione fosse riservata al vescovo. Decreti imperiali e statuti conciliari esigevano per il velo di sacra verginità almeno 40 anni di età, ma essi non riuscirono ad impedire che parecchie vergini fossero consacrate a Dio in minore età.
Non sappiamo che cosa sia avvenuto di lei fino al tempo in cui Benedetto andò a stabilirsi su Montecassino (Frosinone), ai confini del Sannio e della Campania, sul luogo di un’antica torre e un tempio di Apollo (529). Possiamo tuttavia ben immaginare con quanta intensità abbia amato Dio e il prossimo, con quanta fedeltà abbia osservato le regole della comunità, in cui fu collocata dopo la morte, forse del padre, se, al termine del suo terreno pellegrinaggio, meritò di entrare subito nel regno del cielo. Gli unici dati biografici attendibili li desumiamo dai Dialoghi di papa Gregorio, opera scritta non con intenti storici, ma a scopo di edificazione e tuttavia molto attendibili nelle linee fondamentali. Quando Zotone, duca longobardo di Benevento, distrusse il monastero benedettino (589), i monaci trovarono rifugio a Roma presso il Laterano, e Gregorio ebbe modo di conoscere dalla loro viva voce quanto ci ha tramandato.
Per tutto il corso della vita di Benedetto, egli ci fa ricomparire dinanzi Scolastica solo tre giorni prima della morte di lei. Non è improbabile che la Santa lo avesse già seguito a Subiaco per restare nel raggio della sua influenza spirituale. Storicamente è certo che, al pari di altre vergini, ella visse i consigli evangelici non già in casa propria, ma in una cella, cioè in un piccolo monastero. In quel tempo esistevano in diverse città delle vere abbadesse, sotto la Regola di S. Agostino.
Secondo il cardinal Schuster, che seguiamo nella sua Storia di S. Benedetto, una tradizione pone il monastero di S. Scolastica nella località detta Piumarola, in quel di Aquino, a tre miglia dall’abbazia dove, verso il 750, il re Ratchis restaurò un antico monastero maschile affinchè servisse di cenobio alle sacre vergini. L’autore della vita metrica di S. Scolastica ci assicura invece, che ella andò a Cassino, e stabilì la sua dimora in un vicus nel piano della valle. Ai piedi di Montecassino c’è infatti un antico santuario dedicato a S. Scolastica. Recenti scavi dietro alla cosiddetta Cappella del Colloquio, hanno messo in luce i resti di una basilichetta absidata, che fu in un secondo tempo allargata e divenne una spaziosa tricora. Non è improbabile che il santuario sia sorto nel vicus ad Ovest di Cassino, in cui la sorella del Patriarca del monachesimo occidentale aveva stabilito la sua residenza. Nel secolo VIII gli abitanti della città dedicarono dunque un sacello a colei che si era santificata nella loro terra, imitando i romani che solevano intitolare ai martiri e ai santi le loro antiche abitazioni, come quella di S. Clemente, S. Cecilia, S. Bonosa, S. Ippolito, ecc.
C’informa S. Gregorio che Scolastica, tutta intenta alle cose di Dio, appena una volta all’anno lasciava il suo piccolo cenobio per salire sul monte a 519 m. di altezza a visitarvi il fratello. A cagione della clausura monastica, Benedetto la riceveva regolarmente a un 200 metri fuori della prima cerchia delle antiche mura, in una proprietà del cenobio, con annessa una casetta arredata dell’occorrente per passarvi la giornata e la notte. Scolastica, accompagnata da alcune sue vergini, vi salì a visitarvi il fratello verso il principio di febbraio 547.
Anche quella volta, secondo il consueto, Benedetto discese incontro alla sorella, ma siccome le forze gli venivano meno, si fece accompagnare da alcuni monaci che s’intrattennero in quella foresteria per tutta la giornata. Una casta familiarità doveva legare la comunità cassinese con la sorella dell’abate che godeva fama di taumaturgo e di profeta. I due gemelli, che soffrivano di un’acuta nostalgia del Paradiso, trascorrevano il loro tempo parlandone anche alla presenza dei cenobiti, da tempo iniziati alle loro conferenze spirituali.
Quella volta il mistico colloquio si protrasse per l’intera giornata. Più Benedetto parlava di Dio e dei gaudi del Paradiso, e più nel cuore di sua sorella avvampava l’incendio del divino amore. Quando ormai si faceva buio, il Santo Patriarca fece imbandire la mensa per prendere cibo con la sorella, la quale avrebbe pernottato con le sue discepole in quell’ospizio. Prevedendo forse che quello era l’ultimo loro incontro, nonostante la notte fosse inoltrata, Scolastica disse ad un tratto al fratello: “Ti prego, non lasciarmi qui sola questa notte; continua piuttosto a parlarmi della vita eterna finché spunti l’alba, ed io, dopo la Messa e la Comunione santa, possa ritornarmene alla mia cella”. “Che dici mai, sorella mia? – l’interruppe Benedetto. – A me non è permesso di trascorrere la notte fuori di clausura”. In quell’avvicinarsi della primavera la serata era serenissima. Scolastica, all’udire il diniego del fratello, reclinò il volto tra le mani diafane appoggiate alla mensa. Sembrava che volesse occultare due furtive lacrime ed invece ella pregava. Dopo qualche istante rialzò il capo. Il tuono rumoreggiò dietro il monte, e poco dopo piovve a catinelle. “Ed ora, o fratello – disse ella allegramente – ritorna pure, se tu credi, su al cenobio, e lascia me qui sola per questa notte”. “Che cosa hai tu fatto, sorella mia?” – le domandò meravigliato Benedetto. – “Ecco: – gli rispose Scolastica – io ti ho supplicato, e tu non hai voluto ascoltarmi. Allora ho rivolto le mie istanze al Signore, ed egli, meno rigido di te, mi ha esaudito. Esci, esci pure, e lasciami qui, fa ritorno alla tua dimora”.
Né il vecchio abate, né i suoi discepoli, pur trovandosi in conflitto con le esigenze della disciplina monastica, riuscirono a mettere piede fuori di casa, forse impressionati pure dallo strepitoso miracolo. Si adattarono alla bell’e meglio a trascorrere la notte in quella dimora, ma passò presto perché, dopo i salmi notturni, le due anime gemelle ripresero la loro santa conversazione per continuarla fino al mattino.
La foresteria sarà stata senza dubbio fornita di una minuscola cappella. E probabile che Benedetto abbia celebrato la Messa, e che Scolastica dalle sue mani abbia ricevuto l’ultima Comunione, prima di ridiscendere per la mulattiera al piano con il cuore gonfio. Il presentimento le diceva che non avrebbe più rivisto l’amato fratello. Morì infatti in capo a tre giorni, il 10 febbraio 547, per sola potenza d’amore, senza nemmeno apparente malattia. In quel momento Benedetto, assorto nella preghiera vespertina, dalla finestra della torre osservò una gran luce in direzione di Piumarola, nella quale gli parve di riconoscere l’anima di Scolastica che, sotto la figura di una colomba, volava al cielo. Rientrato in sé, si pose a cantare salmi e inni di ringraziamento a Dio perché aveva riservato alla sorella una gloria così sublime nel coro delle vergini. La mattina dopo, al termine di Prima, adunò il capitolo per narrare ai suoi discepoli la visione goduta, e per esprimere il desiderio che, dopo morte, i loro corpi giacessero l’uno accanto all’altro nella pace del sepolcro.
Il diritto del tempo riservava al più prossimo parente l’incarico di rendere al defunto gli onori supremi. Benedetto inviò dunque alcuni religiosi nel monastero di Scolastica a rilevarne le spoglie, e a trasportarle sul monte per deporle nella tomba che si era fatto preparare nell’edicola funeraria di S. Giovanni Battista, debitamente ampliata per due persone.
Eruditi francesi dicono che i corpi dei due Santi gemelli siano stati portati nel secolo VII, dopo la devastazione dei Longobardi, a Fleury-sur-Loire (Francia), ma il ritrovamento delle loro reliquie a Montecassino l’1 -8-1950, sotto l’altare maggiore della devastata cattedrale, ha risolto definitivamente la secolare polemica. La santa è stata scelta dalle Benedettine come loro singolare patrona.
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 2, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 154-158.
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