In molti paesi, i divorzi sono diventati una vera “piaga” sociale (cf. Gaudium et spes, n. 47). La statistica sta a indicare una continua crescita dei fallimenti anche tra coloro che sono uniti nel sacramento del matrimonio: “questi uomini e queste donne sappiano che la Chiesa li ama, non è lontana da loro e soffre della loro situazione. I divorziati risposati sono e rimangono suoi membri, perché hanno ricevuto il battesimo e conservano la fede cristiana”.
PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Raccomandazioni Teniamo ad esprimere circa la pastorale dei divorziati risposati, 25 gennaio 1997: L’Osservatore Romano, 26 febbraio 1997, p. 4.
25 gennaio 1997
Teniamo ad esprimere la nostra fede nel sacramento del matrimonio: unione definitiva di un uomo e di una donna battezzati nel Cristo; unione ordinata all’accoglienza e all’educazione dei figli (cf. Gaudium et spes, n. 48).
Costatiamo che il sacramento del matrimonio e una ricchezza per la stessa coppia, per la società e per la chiesa. Esso comporta una maturazione sotto il segno della speranza per coloro che desiderano rafforzare il loro amore nella stabilità e fedeltà, con l’aiuto di Dio che benedice la loro unione. Tale realtà ridonda a beneficio anche di tutte le altre coppie.
In molti paesi, i divorzi sono diventati una vera “piaga” sociale (cf. Gaudium et spes, n. 47). La statistica sta a indicare una continua crescita dei fallimenti anche tra coloro che sono uniti nel sacramento del matrimonio. Questo preoccupante fenomeno porta a considerare le sue numerose cause, fra le quali: il disinteresse dello stato circa la stabilità del matrimonio e della famiglia, una legislazione permissiva sul divorzio, l’influenza negativa dei mass-media e delle organizzazioni internazionali, l’insufficiente formazione cristiana dei fedeli.
Questi “scacchi” sono una fonte di sofferenza sia per gli uomini di oggi, sia soprattutto per coloro che vedono svanire il progetto del loro amore coniugale.
La chiesa è quanto mai sensibile al dolore dei suoi membri: essa, come si rallegra con quelli che sono nella gioia, così piange con quelli che sono nel pianto (cf. Rm 12,15).
Come ha ben sottolineato il santo padre nel discorso che ci ha rivolto durante i lavori dell’Assemblea plenaria: “questi uomini e queste donne sappiano che la chiesa li ama, non è lontana da loro e soffre della loro situazione. I divorziati risposati sono e rimangono suoi membri, perché hanno ricevuto il battesimo e conservano la fede cristiana” (n. 2).
I pastori, pertanto, si prendano cura di coloro che subiscono le conseguenze del divorzio, soprattutto dei figli; si preoccupino di tutti, e, sempre in armonia con la verità del matrimonio e della famiglia, cerchino di lenire la ferita inflitta al segno dell’alleanza di Cristo con la chiesa.
La chiesa cattolica, in pari tempo, non può restare indifferente al moltiplicarsi di tali situazioni, ne arrendersi di fronte a un costume, frutto di una mentalità che svaluta il matrimonio in quanto impegno unico e indissolubile, come pure non può approvare tutto ciò che attenta alla natura propria del matrimonio stesso.
La chiesa inoltre non si limita a denunciare gli errori, ma, secondo la costante dottrina del suo magistero – riaffermata specialmente nella Familiaris consortio (nn. 83 e 84) -, vuole mettere in opera ogni mezzo affinché le comunità locali possano sostenere le persone che vivono in condizioni del genere.
È per questo che noi, nella Plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia, presentiamo le seguenti raccomandazioni ai vescovi – quali moderatori della pastorale matrimoniale – e con loro alle rispettive comunità. Esse potranno essere utili per concretizzare gli orientamenti pastorali e per adeguarli alle situazioni particolari.
Invitiamo, inoltre, tutti i responsabili nella chiesa a un particolare sforzo nei riguardi di coloro che vivono le conseguenze delle ferite a causa del divorzio, tenendo presente:
– la solidarietà di tutta la comunità;
– l’importanza della virtù della misericordia, che rispetta la verità del matrimonio;
– la fiducia nella legge di Dio e nelle disposizioni della chiesa, che proteggono amorevolmente il matrimonio e la famiglia;
– uno spirito animato dalla speranza.
Tale sforzo particolare suppone un’adeguata formazione dei sacerdoti e dei laici impegnati nella pastorale familiare. Il primo segno dell’amore della chiesa è di non lasciar cadere il silenzio su una situazione così preoccupante (cf. Familiaris consortio, n. 84).
Per aiutare a riscoprire il significato del matrimonio cristiano e della vita coniugale, proponiamo tre obiettivi e i relativi mezzi pastorali.
Primo obiettivo: la fedeltàSi sviluppino, da parte di tutta la comunità cristiana, i mezzi per sostenere la fedeltà al sacramento del matrimonio, con un costante impegno inteso a:
– curare la preparazione e la celebrazione del sacramento del matrimonio;
– dare tutta la sua importanza alla catechesi sul valore ed il significato dell’amore coniugale e familiare;
– accompagnare i focolari nella vita quotidiana (pastorale familiare, ricorso alla vita sacramentale, educazione cristiana dei bambini, movimenti familiari, ecc.);
– incoraggiare e aiutare i coniugi separati o divorziati, che sono soli, a rimanere fedeli ai doveri del loro matrimonio;
– preparare un direttorio dei vescovi sulla pastorale familiare (cf. Familiaris consortio, n. 66), là dove ancora non sia stato realizzato;
– curare la preparazione del clero e in particolare dei confessori, affinché formino le coscienze secondo le leggi di Dio e della chiesa sulla vita coniugale e familiare;
– promuovere la formazione dottrinale degli operatori pastorali;
– incoraggiare la preghiera liturgica per coloro che sono in difficoltà nel loro matrimonio;
– diffondere queste indicazioni pastorali anche mediante delle “brochures” sulla situazione dei divorziati e risposati.
Secondo obiettivo: sostegno alle famiglie in difficoltàI pastori devono esortare particolarmente i genitori, in virtù del sacramento del matrimonio da essi ricevuto, affinché sostengano i figli sposati; i fratelli e le sorelle, perché circondino le coppie con la loro fraternità; gli amici perché aiutino i loro amici.
Inoltre, i figli dei separati e dei divorziati hanno bisogno di una attenzione specifica, soprattutto nel contesto della catechesi.
Si deve pure provvedere a una assistenza pastorale per coloro che si rivolgono o potrebbero rivolgersi al giudizio dei tribunali ecclesiastici. Conviene aiutarli a prendere in considerazione la possibile nullità del loro matrimonio.
Non bisogna dimenticare che spesso le difficoltà matrimoniali possono degenerare in dramma, se gli sposi non hanno la volontà o la possibilità di confidarsi quanto prima, con una persona (sacerdote o laico competente), per lasciarsi aiutare a superarle.
In ogni caso occorre fare del tutto per giungere ad una riconciliazione.
Terzo obiettivo: accompagnamento spiritualeQuando i cristiani divorziati passano a una unione civile, la chiesa, fedele all’insegnamento di nostro Signore (Mc 10,2-9) non può esprimere alcun segno, pubblico o privato, che potrebbe apparire come una legittimazione della nuova unione.
Spesso si constata che l’esperienza del precedente fallimento può provare il bisogno della richiesta della misericordia di Dio e della sua salvezza. È necessario che i risposati diano la priorità alla regolarizzazione della loro situazione nella comunità ecclesiale visibile e, spinti dal desiderio di rispondere all’amore di Dio, si dispongano a un cammino destinato a far superare ogni disordine. La conversione, però, può e deve cominciare senza indugio già nello stato esistenziale in cui ciascuno si trova.
Suggerimenti pastoraliTestimone e custode del segno matrimoniale, il vescovo – insieme ai sacerdoti suoi collaboratori -, desideroso di condurre il suo popolo verso la salvezza e la vera felicità, non mancherà di:
a) esprimere la fede della chiesa nel sacramento del matrimonio e richiamare le direttive per una preparazione e una celebrazione fruttuosa;
b) mostrare la sofferenza della chiesa davanti ai fallimenti dei matrimoni e soprattutto davanti alle conseguenze per i figli;
c) esortare e aiutare i divorziati, rimasti soli, ad essere fedeli al sacramento del loro matrimonio (cf. Familiaris consortio, 83);
d) invitare i divorziati coinvolti in una nuova unione a:
– riconoscere la loro situazione irregolare che comporta uno stato di peccato e a chiedere a Dio la grazia di una vera conversione;
– osservare le esigenze elementari della giustizia verso il loro coniugo nel sacramento e i loro figli;
– prendere coscienza delle proprie responsabilità in queste unioni;
– iniziare subito un cammino verso il Cristo – che solo potrà mettere fine a tale situazione – : mediante un dialogo di fede con il nuovo partner per un progresso comune verso la conversione, richiesta dal battesimo, e soprattutto mediante la preghiera e la partecipazione alle celebrazioni liturgiche, non dimenticando però che essi, in quanto divorziati risposati, non possono ricevere i sacramenti della penitenza e dell’eucaristia.
e) condurre la comunità cristiana a una comprensione più approfondita dell’importanza della pietà eucaristica, come per esempio: la visita al ss. sacramento, la comunione spirituale, l’adorazione del santissimo;
f) far meditare sul senso del peccato, portando i fedeli a comprendere meglio il sacramento della riconciliazione;
g) stimolare a una comprensione adeguata della contrizione e del risanamento spirituale, che presuppone pure il perdono degli altri, la riparazione e l’impegno effettivo al servizio del prossimo.