L’uomo non muore tutto. La sua parte principale, che e’ l’anima, ha avuto principio ma non avra’ fine: essa vivra’ eternamente.
LEZIONE XV
L’IMMORTALITA’ DELL’ANIMA UMANA
Non meno importante della precedente e con essa intimamente legata è la questione dell’immortalità. L’uomo non muore tutto. La sua parte principale, che è l’anima, ha avuto principio ma non avrà fine: essa vivrà eternamente.
1. Nozioni preliminari.
Immortale è ciò che non muore. Parlando di immortalità dell’anima umana intendiamo parlare di un’immortalità reale e personale, che si distingue dall’immortalità:
a) metaforica, come sarebbe il continuare a vivere nella memoria dei posteri, nei monumenti o nelle opere lasciate in retaggio. È l’immortalità di cui parlava Orazio quando esclamava: Non omnis moriar (…) Exegi monumentum aere perennius”.
b) panteistica, per cui l’anima, che non sarebbe altro che un’emanazione dell’essere divino, tornerebbe a risolversi in esso, perduta ogni memoria e coscienza individuale.
A questa immortalità panteistica si riduce l’immortalità dello Spirito di cui parlano gli idealisti, come ad esempio il Gentile: “La sola immortalità alla quale si possa pensare ed alla quale si è sempre pensato affermando l’immortalità dello Spirito, è l’immortalità dell’io trascendentale, non quella dell’io empirico” (Teoria generale dello spirito, 1924, p. 128).
L’immortalità reale e personale è di tre specie:
1) essenziale o assoluta, propria dell’essere che assolutamente non può per alcuna causa venire meno. Questa immortalità è propria dell’essere necessario cioè di Dio;
2) gratuita, propria dell’essere che naturalmente dovrebbe morire, ma che per privilegio è da Dio conservato eternamente, come sarà il nostro corpo dopo la risurrezione finale;
3)naturale, intermedia fra le altre due, propria dell’essere che naturalmente esige di vivere sempre, non avendo in sé nessun principio di corruzione o distruzione.
Noi affermiamo essere propria dell’anima questa terza immortalità, l’immortalità naturale. Negatori dell’immortalità sono tutti gli avversari delle tesi precedenti (fenomenisti, materialisti, positivisti, ecc.) che dicono che la nostra tesi per lo meno non è una conclusione scientifica, non potendosi scientificamente dimostrare. Rispondiamo che è vero che la nostra affermazione non è soggetta all’esperienza, e non si può quindi dimostrare con metodi sperimentali.Tuttavia è scientifico non soltanto questo, ma è scientifica ogni conclusione che, partendo dai dati positivi, l’intelletto deduce ragionando.
2. Le prove dell’immortalità.
1) Argomento ontologico.
L’anima umana è naturalmente indistruttibile; dunque è naturalmente immortale. La distruzione infatti potrebbe avvenire: a) per dissoluzione o disgregazione di parti, come si distrugge un edificio, un corpo, un minerale, un composto chimico. Un oggetto qualsiasi cessa di esistere come tale se lo si scompone negli elementi costituenti, un organismo vivente muore quando le sostanze che lo compongono non possono più stare insieme; b) per la distruzione di un altro essere da cui il primo intrinsecamente dipende, come la bellezza di un quadro, per la distruzione della tela su cui è dipinto, l’anima del bruto, per la distruzione dei corpo; c) per annichilazione.
Orbene, l’anima umana non può venir meno: perché: a) non ha parti, è semplice e spirituale; b) è intrinsecamente indipendente dal corpo, cioè spirituale; c) nessuna forza naturale può annichilirla. In natura nulla si crea, nulla si distrugge – ripetono gli scienziati da Lavoisier in poi. Creare, cioè produrre dal nulla, e annichilire, cioè ridurre al nulla, è opera di Dio solo. Dio dunque parlando in termini assoluti, potrebbe annichilire l’anima (quel Dio che i negatori dell’immortalità non ammettono); ma siamo certissimi che Dio non lo farà, perché Dio non distrugge le leggi della natura che Egli stesso ha creato.
2) Argomento teleologico.
L’uomo naturalmente desidera la felicità perfetta e quindi l’immortalità. Dunque è naturalmente immortale. a) L’uomo desidera la felicità perfetta: appare evidente dal costante suo modo di agire e dal testimone della coscienza.
b) La desidera naturalmente.Questo desiderio, infatti, è universale, costante e irresistibile in tutti gli uomini. Dunque la causa da cui ha origine questo desiderio deve essere anch’essa universale e costante per essere proporzionata all’effetto. Ma nell’uomo di universale e costante vi ha solo la natura umana; dunque questo desiderio ha origine nella stessa natura, è veramente naturale. Egli, quindi, c) naturalmente desidera l’immortalità, sia perché la felicità perfetta in questa vita non si trova, sia perché la felicità perfetta deve escludere ogni male; ma la morte, termine della felicità, è il massimo dei mali: dunque deve essere esclusa dalla felicità perfetta che perciò non deve avere fine. Dunque, d) l’anima che ha tale desiderio è immortale. Perché se questo desiderio è naturale, l’anima deve avere la capacità naturale di soddisfarlo. Così avviene in tutte le tendenze naturali, sia nell’animale che nell’uomo, quanto alla sua vita vegetativa e sensitiva; e in generale ciò si verifica in tutta la natura, ove non c’è organo senza funzione, funzione senza oggetto corrispondente. Tanto più questo deve valere per l’uomo, rispetto alla sua parte più nobile, ai desideri della sua anima spirituale, altrimenti l’uomo sarebbe nello stesso tempo il più perfetto e il più infelice degli esseri.
3) Argomento morale.
La legge naturale esige una sanzione perfetta. Ma questa non c’è se l’anima non è immortale. Dunque l’anima dell’uomo è immortale.Che la legge naturale esiga una sanzione perfetta, è chiaro: un legislatore che efficacemente voglia l’osservanza della legge, deve stabilire una sanzione proporzionata contro i violatori di essa, altrimenti si rende ridicolo con la sua legge che tutti potranno impunemente violare. Orbene, Dio, supremo legislatore e infinitamente sapiente e giusto, vuole l’osservanza della legge naturale; dunque deve avere stabilito per essa una sanzione proporzionata.Ma questa sanzione non si dà in questa vita; la storia e l’esperienza ci mostrano troppo chiaramente come sulla terra spesso trionfa il vizio ed è calpestata la virtù.Dunque si deve dare nell’altra vita: dunque l’anima deve sopravvivere al corpo per passare a questa nuova vita, la quale deve durare sempre. Se infatti la vita futura avesse un termine, la sanzione non sarebbe perfetta né proporzionata, perché non sarebbe sufficiente a trattenere la volontà dell’uomo dalla colpa, né a rendere il premio conveniente a chi è rimasto fedele.
4) La voce dell’umanità.
Presso tutti i popoli, accanto al dogma della vita futura, troviamo il culto delle tombe, culto commovente e pieno di insegnamenti per chi sa interpretare gli atti pubblici dell’umanità religiosa. Il costume di deporre presso i sepolcri gli oggetti più necessari alla vita (cibi, vestiti, monete, armi), il libro dei morti (una specie di guida dell’altro mondo per le anime dei trapassati), il saluto rivolto al defunto al momento della sepoltura, stanno ad attestare la credenza ferma in una vita futura, benché spesso intesa ancora materialmente, credenza espressa talora in forme barbare, come quando sulle tombe dei defunti si uccidevano le mogli e i servi perché continuassero a prestare assistenza al marito e padrone. Permanere animos arbitramur consensu nationum omnium (…) Consensus omnium gentium lex naturae putanda est”.(Cicerone, Tusc. I, 1).
3. Alcune obiezioni.
1. Un essere finito non può essere infinito” (Strauss) e “ciò che esiste nel tempo, quale essere finito, passa col tempo” (Biedermann).
Rispondiamo che certamente ne segue che l’anima non può avere l’immortalità propria dell’essere che è infinito e fuori del tempo (eterno nel senso proprio) cioè l’immortalità essenziale o assoluta propria di Dio; ma noi parliamo dell’immortalità naturale che è possibile all’essere finito e che solo impropriamente si dice eternità.
2. L’idea dell’immortalità dell’anima deriva da Socrate e da Platone.
In realtà comincia da essi il tentativo di dare una dimostrazione filosofica dell’immortalità, ma la convinzione della sopravvivenza dell’anima rimonta alle origini del genere umano. “Anche gli uomini dell’età della pietra manifestano, con la cura dei cadaveri, l’innato istinto verso l’immortalità” (Schanz).
3. L’anima, nelle sue operazioni dipende dal corpo; se sopravvivesse al corpo non potrebbe operare, rimarrebbe in una completa inazione.
L’anima senza il corpo non può certamente né vegetare né sentire, ma può esercitare la sua attività principale, cioè l’attività spirituale (intendere e volere) per la quale solo estrinsecamente dipende dal corpo finché ad esso è unita.
4.Teosofia e spiritismo.
Qualcuno potrebbe pensare di trovare in queste dottrine una conferma della nostra affermazione. Lo spiritismo, infatti, ci mette in comunicazione immediata con le anime dei trapassati; è segno che essi non muoiono col corpo. La teosofia afferma che le anime si reincarnano più e più volte (anche centinaia); dunque l’anima non muore col corpo, ma almeno per un certo tempo sopravvive. Rispondiamo:
a) quanto allo spiritismo bisognerebbe innanzi tutto discernere quanto vi sia di verità nei fenomeni spiritici e quanto di inganno, e inoltre quanto abbia spiegazione nelle sole forze della natura e quanto invece richieda forze estranee e superiori alla natura. In tali casi si potrà e si dovrà ammettere l’intervento degli spiriti; ma considerando il modo con cui si svolgono i fenomeni spiritici, non è ammissibile la partecipazione degli spiriti buoni; è invece manifesta la partecipazione dello spirito cattivo, del demonio, che è padre della menzogna e la cui testimonianza è sempre sospetta, quindi priva di valore. Per questi motivi la Chiesa proibisce la partecipazione alle sedute spiritiche;
b) riguardo alla metempsicosi affermata dai teosofi, osserviamo che prima di tutto è un’affermazione gratuita, indimostrata e indimostrabile; inoltre naturalmente ci ripugna il fatto che dobbiamo scontare colpe commesse in un’altra vita e delle quali non abbiamo alcuna conoscenza (e i primi uomini di chi scontavano le colpe?); infine, la reincarnazione è filosoficamente impossibile non solo nei casi in cui l’anima di un uomo si reincarnerebbe nel corpo di un animale, dato che dei viventi essenzialmente diversi richiedono anime essenzialmente diverse, ma anche nel caso della reincarnazione in diversi corpi umani perché, come dimostra la filosofia scolastica, l’anima umana, individuata dal proprio corpo, potrà riunirsi ad esso nella risurrezione, ma non potrà mai informare un altro corpo e divenire un altro individuo.
(Continua) Zacchi, L’uomo, Vol. II, Roma, Ferrari; Fell, L’immortalità dell’anima umana, Milano, Vita e Pensiero; Trapani, Immortalità, Astesano, Chieri.
Bibliografia.
Per lo spiritismo: Zacchi, Lo spiritismo e la sopravvivenza dell’anima, Roma, Ferrari; Petazzi, Spiritismo moderno,Trieste; Palmes, La Chiesa e lo spiritismo, Astesano, Chieri.
Per la teosofia: Busnelli, Teosofia, Roma, Civ. Catt.; Fracassini, voce Metempsicosi, Enc. Italiana; Palmes, La metempsicosi, Astesano, Chieri