Un’anima che pensa non puo’ che essere spirituale. La dimostrazione. Le obiezioni del materialismo. La lotta morale conferma questa verita’
LEZIONE XII
LA SPIRITUALITA’ DELL’ANIMA UMANA E IL MATERIALISMO
La presente affermazione non è che una conseguenza delle precedenti. Abbiamo dimostrato che l’uomo come vivente deve avere un principio vitale, l’anima, che quest’anima è una sostanza, capace non solo di vegetare e sentire, come nel bruto, ma anche di pensare; ora diciamo: un’anima che pensa non può essere che spirituale.
1. Nozioni preliminari.
Spirituale deriva dal latino “spiritus”. Questa parola in origine significava: soffio, respiro; poi per una certa analogia fu estesa a significare ogni forza o sostanza invisibile; finalmente fu determinata a significare in senso proprio ciò che è immateriale, cioè che esiste indipendente dalla materia. Dire dunque che l’anima è spirituale, è affermare che l’anima è una sostanza distinta dal corpo (dal sistema nervoso e dal cervello) e indipendente dal corpo nell’esistere, benché ad esso unita sostanzialmente. Ciò è negato da materialisti, fenomenisti e sensisti, ricordati nelle lezioni precedenti, mentre lo affermiamo noi spiritualisti, insieme a tutti i grandi pensatori dell’umanità.
2. Dimostrazione.
Il pensiero, che è proprio dell’uomo, è atto spirituale. Dunque l’anima che produce il pensiero è spirituale. La conseguenza è evidente tanto secondo i nostri principi filosofici (operatio sequitur esse) quanto secondo i principi filosofici degli avversari. Essi infatti concedono che l’effetto deve corrispondere alla causa (Buchner), che la funzione è proporzionata all’organizzazione (Vogt), che noi possiamo misurare le forze produttrici dei fenomeni per mezzo dei loro effetti (Wundt). Si deve dunque giudicare della natura di un essere dal suo operare. Se un essere compie un’operazione immateriale e libera dalla materia dovrò dire che esso pure sussiste indipendentemente dalla materia, e che quindi è spirituale.
Ebbene, il pensiero è atto spirituale. La spiritualità del pensiero non la possiamo verificare direttamente, ma la possiamo dedurre logicamente, secondo quanto detto nella lezione precedente. In essa vedemmo come idee e immagini siano essenzialmente diverse e irriducibili fra loro. In che consiste questa diversità? Appunto in questo: che le idee sono immateriali, ossia spirituali, mentre le immagini sono materiali. Infatti, spirituale e immateriale è ciò che non ha materia né quel che consegue alla materia, cioè l’estensione; mentre tutto ciò che è materiale, è per sua natura esteso; ha una determinata altezza, larghezza, spessore, forma e figura.
Orbene, gli angeli per es., quali sono nel nostro pensiero (esistano o meno), non hanno né altezza, né lunghezza, né spessore; parimenti la virtù, la giustizia, la bontà non hanno né forma né figura; le stesse cose materiali nel nostro pensiero vengono smaterializzate, cioè spogliate delle condizioni proprie della materia; l’uomo, quale è nella nostra idea universale, non è né alto né basso, né magro né grasso, né bianco né negro, mentre tutto ciò che è materiale deve avere una determinata forma, grandezza, colore, ecc.
Dunque, le nostre idee di cose spirituali e astratte nonché le nostre idee universali sono spirituali e per conseguenza spirituale deve essere l’anima che ha tali idee.
Lo stesso, a maggior ragione, vale per i giudizi e per i ragionamenti, che evidentemente non sono materiali, non hanno estensione o forma, spessore o colore, ma sono immateriali, cioè spirituali, e ci attestano la spiritualità della nostra anima, capace di pensare, giudicare e ragionare.
3. Dipendenza estrinseca dalla materia.
Abbiamo detto che “spirituale” significa “immateriale”, cioè indipendente dalla materia nell’operare. Orbene, non sembra che l’anima nostra nel suo operare abbia tale indipendenza dalla materia, come attestano i rapporti che passano tra la vita intellettuale e il sistema nervoso, e più propriamente tra l’esercizio dell’intelligenza e il cervello.
Infatti, alcuni studiosi (Vogt, ecc.) affermano che esiste una proporzione rigorosa tra l’intelligenza e la quantità e qualità del cervello, di modo che, tenendo conto del volume, del peso e delle qualità chimiche e fisiche della massa cerebrale, possiamo determinare esattamente il diverso grado di perfezione e di valore intellettuale. È pure provato – dicono – che esistono nel cervello umano delle zone a cui sono legate le varie manifestazioni della vita dello spirito, in modo tale che non riesce difficile localizzare in determinate aree cerebrali le varie funzioni intellettuali. Queste e analoghe esperienze sembrano quindi dimostrare la dipendenza dell’intelligenza dal cervello, e siccome evidentemente il cervello è qualcosa di materiale, anche l’intelligenza deve essere materiale.
Rispondiamo che le osservazioni fatte sui rapporti tra il cervello e l’intelligenza sono ben lontane dal giustificare affermazioni così categoriche, e che anzi spesso hanno condotto a conclusioni contraddittorie. La scienza è incapace di dimostrare il fatto di una correlazione rigorosa fra l’intelligenza e la perfezione cerebrale, considerata quanto al peso, al volume e alle qualità fisico-chimiche.
Non abbiamo comunque alcuna difficoltà a concedere una certa proporzione tra le disposizioni del cervello e l’esercizio della vita intellettuale; ma nulla ne consegue da tutto questo contro la spiritualità dell’anima; si conferma solo quella dipendenza puramente estrinseca (non intrinseca) del nostro pensiero dall’immaginazione e dai sensi che, come vedremo subito, è richiesta dalla natura dell’uomo ed era ben conosciuta già dagli antichi spiritualisti. Aristotele riconosceva che l’uomo deve avere il cervello proporzionatamente più perfetto di quello del bruto, S. Tommaso consigliava le operazioni sensitive che maggiormente cooperassero con le operazioni intellettive e Alberto Magno arrivava perfino a indicare i cibi più adatti a rendere le idee chiare…Ma tutto questo non compromette la spiritualità dell’anima la quale, nei suoi atti propri di pensare, giudicare, ragionare è, come abbiamo detto, intrinsecamente indipendente dalla materia; solo ci mostra la necessità di un complesso dì condizioni previe all’esercizio della vita intellettuale, perché l’anima, pur essendo spirituale, è di fatto, in questa vita, unita al corpo.
Essendo infatti l’anima unita sostanzialmente al corpo, ha bisogno di ricevere dai sensi e dall’immaginazione la materia onde astrarre l’oggetto delle proprie idee. Quindi la buona disposizione fisica del cervello, del sistema nervoso, del corpo in generale è una condizione necessaria perché l’anima possa pensare bene; da qui deriva una dipendenza dell’anima dal corpo, ma una dipendenza puramente estrinseca, che non ripugna alla sua spiritualità. Come se un pittore tracciasse col suo pennello un quadro con colori che gli presenta una persona estranea; l’opera d’arte prodotta dipenderebbe intrinsecamente dal pittore e dal pennello che usa come strumento, ma solo estrinsecamente e indirettamente dalla persona che somministrò al pittore i colori.
Non è dunque l’intelligenza che è propriamente proporzionata alla quantità o qualità del cervello, non è l’intelligenza che è localizzata nelle sue parti, non è l’intelligenza che risente direttamente delle sue condizioni anormali e patologiche, bensì il senso; l’intelligenza ne risente solo indirettamente, nella misura in cui ha bisogno del senso nel modo spiegato; difatti nella vecchiaia vediamo talora acutezza di ingegno, prontezza di intuizione, vastità di sintesi, prudenza e saggezza, che contrastano nettamente col deperire dell’organismo e il declinare delle sue facoltà sensitive.
4. Alcune obiezioni del materialismo.
A. Se io faccio l’analisi chimica del corpo umano non trovo l’anima (Moleschott). Rispondiamo: è evidente che una sostanza spirituale non possa cadere sotto alcuno strumento materiale.
B. Non possiamo ammettere una sostanza che non possiamo vedere né immaginare. Tale sarebbe l’anima spirituale.
Rispondiamo che purtroppo è questo l’argomento di molti che, dedicatisi esclusivamente alle scienze positive, non sanno elevarsi al disopra di quello che vedono con gli occhi e che toccano con le mani. È vero che un’anima spirituale non si può immaginare, come non si può vedere né toccare, perché immaginazione e sensi, essendo materiali, non sanno presentarci se non cose materiali; ma oltre i sensi e l’immaginazione abbiamo l’intelligenza, che apprende anche ciò che non è materiale. La spiritualità dell’anima non la possiamo immaginare, ma la possiamo e la dobbiamo pensare.
C. I fatti patologici di allucinazione e di alienazione mentale (alcoolismo, idiotismo ecc.) dimostrano che l’intelligenza è funzione organica dipendente dallo stato di sanità o di malattia del corpo.
La risposta è già stata data. Essendo le facoltà sensitive, come le facoltà nutritive, unite sostanzialmente agli organi corporali, è naturale che qualunque disturbo colpisca questi organi, rechi un disturbo anche alle facoltà ad essi legate. E poiché le operazioni immateriali dell’intelligenza sono intimamente associate alle facoltà e alle operazioni sensitive, le condizioni biologiche degli organi corporei eserciteranno una vera e reale (sebbene indiretta) influenza sulle operazioni intellettive.
Il pazzo, dunque, né ha perduto la ragione né ha la ragione malata, ma è malato il cervello e l’anormalità della vita sensitiva impedisce l’esercizio normale della vita intellettiva. Così il bambino nei primi anni non ha l’uso della ragione; ha l’intelletto, ma non ne usa pienamente, perché non sono ancora abbastanza sviluppati gli organi che devono presentare gli oggetti all’intelletto. Parimenti nel sonno, non dorme l’intelletto, ma poiché i sensi sono inattivi e la fantasia è assopita o si agita irregolarmente, l’intelletto non lavora, o almeno non lavora così attivamente come nello stato di veglia. E nel lavoro o nello studio non è l’intelletto che si stanca, ma il senso, facoltà organica soggetta alla fatica e quindi alla stanchezza.
5. La lotta morale conferma la medesima verità.
Sentiamo dentro di noi nobili impulsi al bene, al dovere, alla virtù, per cui ci sentiamo superiori a tutte le cose materiali e aspiriamo all’infinito, all’eterno…Ma accanto a questi nobili desideri sentiamo troppo spesso le passioni che ci trascinano al basso, ci avviliscono e ci degradano.Di qui la lotta terribile che spesso ci tormenta e che l’animale invece non sente. Come si spiega questo?
Se l’uomo fosse tutto e solo materia, questa lotta non avrebbe senso: per lottare bisogna essere in due; dunque nell’uomo, oltre la materia c’è lo spirito.
La lotta tra lo spirito e la carne, che tutti più o meno sentiamo e che forma gli eroi e i santi ovvero i vili e gli abbietti a seconda che vinca lo spirito o la carne, è una chiara conferma della spiritualità dell’anima.
Note.
(1)Etude expérimentale de l’intelligence, 1904, pp. 135 e 303.
(2)Journal of philosophy and scient. method., 1906, p. 706.
(3)Arch. de psych., 8, p. 39.
(4)Dumas, Nouveau traité de psychologie, 1936, t. V.