Con l’autorizzazione del destinatario, trascriviamo di seguito una lettera del Dottor Plinio a un giovane cooperatore della TFP, con alcuni consigli sulla vita intellettuale.
Ci auspichiamo che questi consigli possano essere utili a tutti coloro che lottano per la difesa della verità.
Mio caro amico,
Salve Maria,
Ho letto con molta simpatia la lettera che mi hai inviato.
Non prendertela a male se ti dico che non ho potuto fare a meno di sorridere, vedendo che tu vorresti essere un uomo come me. Ti garantisco, con grande sincerità, che non ci guadagneresti nulla, anzi. Se potessi augurarti qualcosa di buono, sarebbe proprio che ciò non accadesse. Inoltre, ognuno di noi possiede una personalità unica e inconfondibile, ed è chiamato da Dio per realizzare un proprio ideale di perfezione. Da noi viene richiesta una fedeltà alla verità che c’è in noi, e che è l’unico cammino per attingere la verità di tutti noi.
Smascherare l’ideologia favorevole al trasessualismo:
CHE MALE C’È A CAMBIARE SESSO? di Tommaso Scandroglio
(dal Dizionario dei luoghi comuni, qui)
È un dato di fatto che vi sono alcune persone che si sentono a disagio nel loro corpo e dunque esprimono il desiderio di “cambiare sesso”. Si sente spesso affermare che negare a costoro di diventare transessuali appare una crudeltà ingiustificata.
Infatti, essere maschi o femmine non è una condizione moralmente riprovevole, dunque non si comprende il motivo per cui condannare la transizione da un sesso a un altro.
Analisi
In via preliminare è opportuno fornire qualche definizione. Per identità sessuale si intende l’appartenenza a un sesso biologico, maschile o femminile, appartenenza indicata dai geni maschili o femminili.
È deceduto in Brasile, agli inizi di agosto, il religioso claretiano e poeta spagnolo Pedro Casaldáliga, vescovo emerito della diocesi amazzonica di Sao Félix de Araguaia e uno dei più attivi esponenti della Teologia della Liberazione.
A causa della sua avanzata età, non era venuto al recente Sinodo sull’Amazzonia, ma i documenti sinodali e persino l’esortazione apostolica Querida Amazonia avevano voluto ricordarlo in omaggio al ruolo da protagonista occupato nelle decadi precedenti.
Maria Montessori, una vita fra massoni, modernisti e femministe
di Cristina Siccardi
Le miriadi di donne cristiane d’Europa, più o meno celebri, portatrici di valori inossidabili ed eterni, che hanno contribuito in maniera determinante al bene della società, del continente, del mondo intero, oggi non vengono più considerate, sono volutamente dimenticate e nessuno parla di loro, né in famiglia, né nelle scuole, né nelle parrocchie, né sui media.
In questi giorni la televisione sta martellando i telespettatori con la pubblicità di una collana dedicata alle Grandi donne. Tenaci, creative, coraggiose, uniche, libere (Gruppo di comunicazione RBA). La gran parte delle figure proposte non è portatrice dei valori evangelici (su 60 figure proposte, solo tre sono cattoliche: santa Giovanna d’Arco, Isabella di Castiglia, Agatha Christie), quei valori che hanno costruito l’Europa, quella della civiltà e del progresso, nel vero senso dei termini.
È ora, quindi, di sfatare e smascherare le eroine laiche delle femministe, parlando proprio di quelle donne che hanno, con i propri pensieri, le proprie opere e le proprie azioni rivoluzionarie causato distorsioni e confusioni tali da ledere i principi imprescindibili della natura umana, provocando le drammatiche conseguenze che oggi viviamo.
«Hanno tracciato una nuova via e oggi beneficiamo della loro eredità raccogliendone il testimone» recita uno slogan promozionale della collezione biografica. Il primo ritratto è dedicato a Maria Montessori. La donna che rivoluzionò per sempre il mondo dell’educazione.
Proprio di lei andremo quindi a parlare guardando storicamente, senza diaframmi rivoluzionari e lenti femministe, che depistano il corretto giudizio, chi era e cosa fece questa “maestra dei bambini”, distante anni luce dalla straordinaria pedagogia salesiana, fondata da san Giovanni Bosco, quella che si basa sulla ragione, sulla religione e sull’amorevolezza.
La devozione al Preziosissimo Sangue risale alle origini ovvero, ai primi secoli del Cristianesimo. Un membro dell’aristocratica famiglia romana dei Savelli sarebbe stato presente alla morte del Salvatore. La sua veste fu colpita da alcune stille del Preziosissimo Sangue. Convertitosi, conservò quella veste, che, attraverso i secoli, giunse nel XVII secolo tra le mani del principe Giulio Savelli, il quale la donò alla chiesa di San Nicola in Carcere. Il beato Pio IX, su spinta di san Gaspare del Bufalo, nel 1849 estese tale devozione a tutto il mondo cattolico.
Il mese di luglio è tradizionalmente dedicato al Preziosissimo Sangue, una devozione che risale ai primi secoli del Cristianesimo e che il beato Pio IX, sotto la spinta di san Gaspare del Bufalo (1786-1837), estese nel 1849 a tutto il mondo cattolico. Non tutti conoscono però le origini di questa devozione nei tempi moderni.
Fra la riva sinistra del Tevere e le pendici del Campidoglio si estendeva all’inizio dell’Ottocento un vasto quartiere, dove sorgevano molte antiche chiese attorno ad una piazza conosciuta come piazza Montanara. Di questo angolo di Roma, scomparso dopo la creazione della Via del Mare (oggi via Luigi Petroselli), rimane la chiesa di San Nicola in Carcere, così detta perché si pensa che i suoi sotterranei costituissero una continuazione del carcere Tullianum capitolino.
E’ don Gaspare del Bufalo il Santo del Preziosissimo Sangue.
Pagò con l’esilio e col carcere il suo rifiuto di giurare fedeltà a Napoleone, ma questo non gli impedì di evangelizzare laddove si trovasse, per le strade e nelle missioni popolari.
Fondò i Missionari del Preziosissimo Sangue ed il corrispettivo ramo femminile, dedito all’istruzione ed alla catechesi.
Lottò contro la massoneria, convertendo intere logge.
Quando morì, si diffuse subito la fama della sua santità.
Che nell’interpretare documenti conciliari si possa pervenire a opinioni contrastanti non è certo una novità per la storia dei concili. Formulare verità di fede significa esprimere l’indicibile mistero della verità divina in un linguaggio umano. Tuttavia, è e rimane un’impresa audace, che già sant’Agostino ha paragonato al tentativo di un bambino di svuotare il mare con un secchiello.
E in questa impresa anche un concilio ecumenico non può fare molto più di quel bambino.
Nulla di strano, dunque, se perfino le affermazioni dottrinali infallibili di un concilio o di un papa possono sì definire la verità rivelata – e dunque delimitarla rispetto all’errore, – ma mai cogliere la pienezza della verità divina.
È questo il dato di fatto essenziale che non bisogna perdere di vista dinanzi alle difficoltà d’interpretazione che ci pone il Vaticano II. Per illustrarle, ci limiteremo a quei testi conciliari che vengono percepiti come particolarmente ostici dagli ambienti cosiddetti tradizionalisti.
Prima di tutto, però, è bene dare uno sguardo alle particolarità che distinguono il Vaticano II dai precedenti concili ecumenici.
Il “complottismo” alla luce della dottrina cattolica
Il segretario generale delle Nazioni Unite, ed ex presidente dell’Internazionale Socialista, Antonio Guterres ha rilasciato un’intervista all’Osservatore Romano, organo ufficioso della Santa Sede da quasi 160 anni.
Sollecitato su come affrontare il sentimento di paura diffuso negli ultimi tempi, l’alto dignitario ha risposto che “nelle ultime settimane c’è stata una impennata delle teorie del complotto e dei sentimenti xenofobi”, facendo un velato riferimento alle accuse sollevate contro il governo comunista cinese.
Nutrimento della paura sarebbe “una epidemia di disinformazione”, una vera “montagna di storie e post fuorvianti pubblicati sui social media”.
Al fine di rettificare le notizie, Guterres informa di aver “lanciato una iniziativa delle Nazioni Unite di risposta alle comunicazioni chiamata Verified, volta a dare alla gente informazioni accurate e basate sui fatti” e incoraggia i leader religiosi a utilizzare le proprie reti di comunicazione per “sostenere i governi nel promuovere le misure di salute pubblica raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità – dal distanziamento fisico a una buona igiene – e per smentire false informazioni e voci” 1.
Si è parlato molto in queste settimane di Dom Helder Câmara, il cui processo di beatificazione è stato recentemente avviato in Brasile, dopo la luce verde del Vaticano.
Per l’italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara è pressoché sconosciuta. Chi era davvero Dom Helder?
Per l’italiano medio la figura di mons. Helder Pessoa Câmara (1909-1999), noto come Dom Helder, vescovo ausiliare di Rio de Janeiro, e poi arcivescovo metropolita di Olinda-Recife, è pressoché sconosciuta.
Le uniche notizie che filtrano dalla stampa nostrana provengono da fucine propagandistiche tanto sbilanciate che non esito a definire ai limiti del ridicolo.
Una propaganda ai limiti del ridicolo. Ricordo benissimo, per esempio, la reazione della stampa all’epoca della scomparsa di Dom Helder, nell’agosto 1999. I mass media italiani gareggiarono in panegirici, conferendogli titoli altisonanti come “Profeta dei poveri”, “Santo delle favelas”, “voce del Terzo Mondo”, “San Helder d’America” e via discorrendo. Fu una sorta di canonizzazione massmediatica (1).
Questa stessa macchina propagandistica sembra essersi riattivata a proposito dell’apertura del processo di beatificazione, firmato in Vaticano lo scorso 25 febbraio. Qualche informazione in merito non nuocerebbe affatto.
Il sedicente “priore” era in realtà figura di spicco della scuola di partito del PD Bianchi e Bose, il vero scandalo è non averlo fermato prima
Un messaggio per Cardinali e Vescovi troppi “aperti”?
Non è ancora chiaro quali siano stati i reali problemi a portare la Santa Sede a disporre l’allontanamento di Enzo Bianchi, insieme a Goffredo Boselli e Antonella Casiraghi, dalla Comunità di Bose.
Ufficialmente si parla di tensioni con l’attuale priore, Luciano Manicardi, e con il resto della comunità, cosa che ben difficilmente giustifica una sanzione tanto pesante.
Ma è curioso che a destare tanta attenzione sia l’intervento attuale della Santa Sede, quando ci si dovrebbe piuttosto interrogare sul perché la Santa Sede non sia intervenuta ben prima riguardo alla “predicazione” di Bianchi, e le sue tesi eterodosse che hanno trovato grande accoglienza tra molti vescovi.
In realtà, qualcuno a Roma si mosse, tanto che esiste un dossier Bianchi presso la Congregazione per la Dottrina della Fede che risale al 2004.
Ma qualche importante prelato, amico del fondatore di Bose, provvide a fermare la pratica e insabbiare tutto.
Iscriviti per restare aggiornato con le nostre notizie!
Ricevi la nostra newsletter completamente gratuita
Iscriviti per restare aggiornato con le nostre notizie!
Ricevi la nostra newsletter completamente gratuita
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.Ok